Tradurre la cultura tedesca

di Alessandra Checcarelli

Se diventassimo consapevoli dell’eredità che giace in ogni parola, studieremmo i nostri dizionari, catalogo della nostra ricchezza, e scopriremmo che dietro ogni parola vi è un mondo. Chi usa le parole mette in moto dei mondi, degli esseri divisi: quello che può consolare l’uno, può ferire a morte un altro.

(Heinrich Böll, discorso “La lingua come luogo di libertà”, 1959, tratto da Piccolo viaggio nell’anima tedesca di V. Vannuccini e F. Predazzi)

Tra le oltre 400.000 parole della lingua tedesca, nessuna delle 300.000 parole della lingua italiana corrisponde esattamente a Weltanschauung, Zeitgeist o Schadenfreude. Non solo. Il tedesco, così come le altre lingue, racchiude una cultura tutta sua, ma a differenza delle altre lingue, è capace di inventare con precisione un infinito mondo di parole combinando uno dopo l’altro sostantivi e montando e smontando prefissi e suffissi come pezzi di lego per plasmare i più svariati significanti di significati. Un lavoro certosino degno della fantasia di una cultura senza eguali nel saper vedere ed esprimere universi astratti e realtà intraducibili. Una cultura ancora attaccata e radicata nel mondo romantico dei sentieri per le passeggiate (ancora meglio: Wanderwege) e nell’elaborazione del suo oscuro ed emblematico passato (Vergangenheitsbewältigung).

La Weltanschauung che noi chiamiamo, in maniera semplicistica, “visione del mondo”, in realtà è un’ampia concezione del mondo che comprende Dio e la vita dell’uomo che ne fa parte. Per i filosofi tedeschi di fine Ottocento era un sistema coerente per spiegare le leggi dell’universo e l’immagine dell’uomo; per Freud era l’ideale non raggiunto dall’umanità, la soluzione onnicomprensiva a tutti i problemi dell’esistenza umana. Anche Zeitgeist, lo “spirito del tempo” dei tedeschi, è una parola di origine filosofica, coniata da J. G. Herder e definita da J. W. Goethe come lo “spirito di quei signori nello spirito dei quali si rispecchiano i tempi”.

Nella cultura tedesca non possiamo farci mancare un pizzico di Schadenfreude, quel sadismo a metà tra l’invidia e la risata tipico di chi gode delle disgrazie altrui, o quel piacere di sentirsi confermati nelle proprie amare convinzioni sull’incompiutezza del mondo e l’indifferenza di Dio. La Schadenfreude in senso stretto è sicuramente retaggio della mentalità piccolo borghese (il Kleinbürger tedesco o lo Spießer austriaco e svizzero) tanto deferente verso l’autorità da sentirsi poco libero e quindi provare un’inconfessabile e clandestina gioia (klammheimliche Freude) per le disgrazie dei potenti o semplicemente del prossimo. Magari anche per quelle di un intellettuale anticonformista e critico verso l’autoritarismo, di un Querdenker (“pensatore trasversale”) come lo era il poeta, critico letterario, saggista, editore e interprete Hans Magnus Enzensberger, o addirittura quelle di un personaggio scomodo come un Nestbeschmutzer (“insozzatore del nido”), uno straniero in patria come lo era per i conservatori il cancelliere Willy Brandt per la sua Ostpolitik, grazie alla quale stabilì e mantenne il dialogo tra le due Germanie.

Il cancelliere Helmut Kohl con François Mitterrand prima e con Mikhail Gorbaciov poi sono stati invece esempi di Männerfreundschaft o “amicizia tra uomini”, contrapposta al corrispettivo femminile Damenkränzchen o “coroncina di signore”, il modo frivolo di stare tra donne. L’amicizia tra uomini è un comportamento legato all’ordine, all’autorità, alla disciplina e ad altre caratteristiche culturali comuni alla tradizione luterana e nazista. È un rapporto tra pari fatto di silenzi, intesa e stima reciproca, seduti a un tavolo (Stammtisch, dove Stamm significa “ceppo”, “lignaggio” e quindi rapporto con la comunità) o a passeggiare immersi nella natura dei Wanderwege (“sentieri per le gite a piedi”). Sì, perché se “passeggiare” è spazieren, la parola wandern rimanda al senso di libertà che si prova ad avventurarsi nel silenzio degli ampi spazi verdi. I Wandervögel (“uccelli migratori”) erano i giovani che viaggiavano a piedi in gruppo, poi assorbiti dalla Gioventù hitleriana ai tempi in cui il nazismo confondeva la natura con il destino delle razze. Da questo profondo rapporto tutto romantico con la natura nasce la coscienza ecologica tedesca, che si spinge fino all’attuale concezione di un’economia a basso impatto ambientale, senz’altro incentivata dal saggio del Club di Roma del 1972 “I limiti dello sviluppo”.

Se “camminare” è laufen, il Mitläufer è “colui che cammina con l’altro”, con la folla, il debole che imita gli altri, l’opportunista o il delatore ligio al dovere, incapace o impossibilitato a opporsi a viso aperto all’autorità. Basti pensare che il 98% dei tedeschi furono indagati dagli Alleati per crimini di guerra a Norimberga. Per dimenticare questo periodo buio della storia tedesca, negli anni Cinquanta nasce Vergangenheitsbewältigung, una parola che indica l’elaborazione e il superamento del passato, il confronto con la storia per metterci una pietra sopra. Emblemi di questa necessità erano i vari progetti culturali lanciati, i monumenti e i musei costruiti a partire dagli anni Sessanta per ricordare l’olocausto e gli ebrei tedeschi. Inoltre tutta l’opera di Günter Grass è permeata da questo spirito e richiama i tedeschi alle responsabilità del nazismo (si vedano gli articoli “L’eredità di Günter Grass: una lezione sulla carnevalizzazione della storia e dell’uomo moderno” e “L’uomo e la tolleranza: lezioni di saggezza dal XX secolo”).

All’operato di Helmut Kohl rimanda anche un’altra parola intraducibile: Zweckgemeinschaft (“comunione di scopi”), l’unione per interesse che si forma quando si ha una coincidenza di interessi per ragioni pratiche. Kohl fu acclamato a Dresda sulle note di “Wir sind ein Volk”, tredici anni prima dell’unificazione tedesca, ma le due Germanie prima separate dalle Sperrgebiete (“zone di chiusura”), dai luoghi di confine tra l’Est e l’Ovest, rimasero sempre due mondi distinti, nei quali sarebbe sempre esistito un hüben e un drüben (un “di qua” e un “di là”).

Zweisamkeit e Feierabend sono invece due retaggi della cultura protestante: parliamo della “solitudine a due” e del “riposo della sera”. La “solitudine” espressa dalla parola Einsamkeit (eins = uno) diventa “dualitudine” con Zweisamkeit (zwei = due), ovvero l’unicità del rapporto a due, ma anche l’isolamento e la chiusura della coppia al mondo lì dove i raduni familiari e gli incontri allargati con gli amici sono meno frequenti. Nella cultura della sacralità della sfera privata e del lavoro diligente e assiduo, il “riposo della sera” è d’obbligo e non c’è tolleranza per chi fa compere all’orario di chiusura dei negozi: quando finisce il lavoro, c’è spazio solo per godersi una birra e il tepore della casa e dell’intimità del focolare (Gemütlichkeit). La parola Feierabend ha proprio una connotazione sacra, perché per la chiesa designa la sera prima della festa sacra. L’icona del riposo della sera è la santa tirolese Notburga, esempio di operosità, obbedienza e fedeltà al dovere, che per intercessione del Signore ottenne dal padrone il diritto di trascorrere la domenica pregando. Oggi il diritto al riposo domenicale è persino riconosciuto costituzionalmente dalla Grundgesetz. Feierabend era anche il nome dato da Hitler all’organizzazione del tempo libero per i lavoratori ed è quasi sinonimo di “stato sociale”, già dalla fine dell’Ottocento merito di Bismarck, che vedeva nella previdenza sociale un antidoto all’espansione del partito socialdemocratico.

La dedizione tedesca all’impegno individuale per il lavoro o lo studio porta all’invenzione di un’altra parola emblematica: Rechthaber, “chi vuole avere sempre ragione”, accompagnata dal proverbio “Besser von Vielem nichts wissen, als Alles besser wissen” (meglio tanto non sapere che sapere tutto meglio). Seguono parole come selbstgerecht (“pieno di sé”), Wichtigtuer (“chi ha l’aria di fare cose importanti”), altklug (“saputello”), Verkehrserzieher (“educatore del traffico” o chi educa gli altri alla guida) e Besserwisser (“chi sa tutto meglio”, anche il burocrate; in questo caso non mancano i riferimenti da parte degli abitanti della Germania Est ai Besserwessi dell’Ovest, che occupano posti di dirigenza e vivono nell’agiatezza).

Nel quadro socioculturale del paese delle tre K (Kinder, Küche, Kirche: figli, cucina, chiesa), dove il modello femminile è quello della Hausfrau (la “padrona di casa”), non possono mancare le Quotenfrauen, le “donne in quota”, e di conseguenza le Rabenmütter, le “madri corvo” che lavorano senza averne bisogno. In Germania soltanto nel 1988 le donne della SPD proposero le quote rosa, quando il femminismo era già diffuso dagli anni Settanta in Italia, in Francia, nel Regno Unito e negli Stati Uniti. Oggi la parola Quotenfrau è dispregiativa e indica le donne in carriera che sono tali non per merito ma soltanto grazie alle “quote rosa” (Frauenquoten). Emblema della Quotenfrau è Angela Merkel, eletta presidente della CDU nel 2001 e cancelliera federale nel 2006, lanciata in politica da Helmut Kohl nel 1990 nel primo governo della Germania riunificata. Con la sua impostazione sobria, essenziale e senza fronzoli la cancelliera avrebbe portato una boccata di aria fresca nel clima di Politikverdrossenheit (disincanto verso la politica) che ha caratterizzato l’anima tedesca per molti anni.

I tedeschi, si sa, sono un popolo di lettori, e la loro Fiera del Libro di Francoforte è la più grande al mondo. A ulteriore testimonianza dell’inventiva linguistica tedesca e dell’importanza attribuita alle parole, dal 1971 la Società per la Lingua Tedesca, corrispettivo della nostra Accademia della Crusca, sceglie ogni anno das Wort des Jahres (“la parola dell’anno”), un neologismo di interesse linguistico e storico-sociale. Da qualche anno esiste anche il concorso opposto, quello per das Unwort des Jahres, “la non-parola dell’anno”, o meglio la parola negativa dell’anno.

Decisamente una bella lotta tra le Unwörter di questo 2020!

Informazioni sull’autrice:

Alessandra Checcarelli è interprete di conferenza e traduttrice con lingue inglese, tedesco e francese. Si laurea a Roma in Mediazione linguistica e culturale nel 2007 e in Interpretariato di conferenza nel 2010, dopo aver trascorso un periodo di studi a Monaco di Baviera. Già membro del direttivo dell’Associazione Internazionale di Respeaking onA.I.R.-Intersteno Italia, attualmente è socio ordinario dell’associazione ed esperta di respeaking per la sottotitolazione live.